L’Italia cerca sviluppatori? Mangiate ostriche ma bevete tavernello!

Ok lo so, il titolo è provocatorio. Ma vi prego di prendere questo post come uno sfogo, uno sfogo dettato da due mesi di delirio assoluto dove mi son ritrovato a dover mettere pezze su tutti i progetti sui quali siamo coinvolti – e aziendalmente non è proprio la miglior situazione in cui volevo cacciarmi.

La scusa per lo sfogo la fornisce un articolo, il solito illuminato del mainstream italiano, de il Sole 24 ore e la conseguente risposta di Fabio Lalli su Facebook (che condivido quasi in toto).

Il ragionamento che si persegue oramai da molto tempo è sostanzialmente questa: fuori (che per un meridionale vuol dire Milano o il Nord Italia, per un italiano in generale vuol dire Irlanda, Canarie, US o altro Paese) si guadagna di più, si vive meglio, sostanzialmente andatevene perchè l’Italia non ha speranze e come tale il vostro Klondike potete comunque trovarlo.

Il ragionamento, già applicato con il centro formazione Apple a Napoli (ah, a proposito, che fine ha fatto?!), è che in modo molto umile in Italia siamo realmente convinti di essere e/o di avere i migliori sviluppatori al mondo – aspetto che non discuto di certo, ma bisognerebbe capire quali siano i fattori oggettivi che portano a questo tipo di ipotesi, quindi tutta da dimostrare.

Quindi sintetizzando, mi si dice che l’Italia cerca sviluppatori, c’è bisogno di sviluppatori, peccato però che siano sotto pagati.

 

Bene, la mia (piccola) esperienza, prima come sviluppatore, poi come consulente, ora come imprenditore è che è costantemente un muro contro muro: da un lato gli sviluppatori, appunto, questa massa indefinita* di professionisti, spesso gli operai del nuovo millennio, che lamentano l’essere trattati da indiani dalle aziende italiane. Dall’altro lato le aziende, appunto, che spesso è vero approfittano del sistema avendo poca, pochissima cura della crescita professionale degli sviluppatori stessi.

Ed in mezzo? Ogni sponda ha sempre un fiume cui poggiarsi; in mezzo c’è il sistema di appalti e subappalti, del body rental, delle startup, di tutti quei “centri di collocamento” (virgolettato voluto) che hanno un unico e solo obiettivo: fatturare, a prescindere dalla qualità.

Ecco io credo che il sistema del body rental, il movimento delle startup (non me ne vogliate) abbia veramente degenerato questa figura professionale. Sono anni che mi occupo di supervisionare progetti di sviluppo – da banali siti web , a complesse personalizzazioni su base WordPress, fino ad attività di system integration tra infrastrutture software tra loro molto diverse – e la storia è sempre, inevitabilmente la stessa: non si ha una vaga idea di cosa voglia dire lavorare, di cosa voglia dire scrivere codice di qualità, e soprattutto, aspetto ancora più grave, non si ha un’idea di cosa voglia dire professionalità (motivo per cui, come da apertura, mi trovo spesso e volentieri a mettere pezze).

Qui il discorso è che questo muro contro muro non porterà da nessuna parte, il problema non verrà risolto. Volete più soldi? Ok, siate più umili, dite come stanno veramente le cose, non barate su ciò che sapete o non sapete fare, noi abbiamo tutta la volontà di formarvi ed aiutarvi, ma di certo non essere presi per il culo perchè i soldi, quelli cui tanto ambite ce li sudiamo a costo di tanti, tantissimi sacrifici.

E si, perchè non è che siamo gli Agnelli o gli Olivetti della situazione, oggi , come già ieri, e come molto probabilmente domani, fare imprenditoria nel mondo dei servizi, quindi dell’immateriale, è molto complesso: è un turbinio di costi (alti) del lavoro, di recupero crediti costante, di banche che per avere una piccola fee di accesso al credito fanno passare mesi (e quindi inevitabilmente tutto il budgeting e progettazione si allunga) , bla bla bla …

E poi, finisce che si ambisce sempre di lavorare per Accenture, Engineering e famiglia .. perchè? Ma perchè loro possono permettersi quei RAL che altre , le più piccole, quelle dove però veramente trovi la passione e la voglia di sperimentare e formare, non possono permettersi. E nascono progetti indecenti, dove , appunto, c’è poca pochissima attenzione alla qualità sulla raccolta dei requisiti, piuttosto che sulla qualità del codice da scrivere, piuttosto che sulla gestione del progetto (o dei progetti).

Come uscirne?

Onestamente la soluzione non ce l’ho, altrimenti non starei qui a sfogarmi. Di certo non così come stiamo facendo, non così dove stiamo andando, ma si accettano proposte, idee, confrontiamoci , dialoghiamo, di certo diversamente si può fare!

La butto lì: noi stiamo provando tramite una piccola, piccolissima, scuola di formazione a creare una cantera, un network di professionisti che siano veramente disposti a crescere.E non per fare business o diventare un corsificio, piuttosto per il vero intento di formare nuove giovani leve professionali.

Crescere perchè ciò che spesso non si capisce è che oggi non è più sufficiente essere uno sviluppatore, un grafico, o qualsiasi altra figura professionale. Oggi è fondamentale avere una visione a 360° di ciò che si sta facendo, perchè sul mercato bisogna posizionare un grande valore aggiunto per fare la differenza.

 

E’ un po’ come, se vogliamo, quando uno chef stellato vi porta al tavolo delle ostriche e voi chiedete tavernello come vino da accompagnare …

 

*: pensate che lo “sviluppatore” in Italia è assimilabile ad un metal-meccanico, fate voi …