L’equity crowdfunding è uno di quei termini oscuri, misteriosi e nebulosi che da poco, anche in Italia, sono entrati a far parte del gergo quotidiano di chi si occupa di startup e di materia fiscale. Oddio, a ben vedere, forse dei secondi un pò meno, vista l’ancora scarsa conoscenza di tutte queste tematiche presso la stragrande maggioranza degli studi commercialisti (o quantomeno quelli con cui sono entrato in contatto)
Ti starai chiedendo, ma cos’è questo fantomatico equity crowdfunding ?
Il termine crowdfunding indica il processo con cui più persone (“folla” o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto imprenditoriale o iniziative di diverso genere utilizzando siti internet (“piattaforme” o “portali”) e ricevendo talvolta in cambio una ricompensa.
Si parla di “equity-based crowdfunding” quando tramite l’investimento on-line si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in tal caso, la “ricompensa” per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa.
Ne deduciamo due aspetti:
- le società a responsabilità limitata (srl) riconosciute come startup innovative possono iniziare a ragionare come le SPA in relazione alle loro quote sociali;
- finanziare una società , o un progetto di un’azienda, in questi termini è un pò come giocare in borsa quindi molto molto rischioso
Incuriosito ed alla ricerca di nuovi spunti, la scorsa settimana ho partecipato ad un evento organizzato dalla BIC Lazio, dove si sarebbe dovuto approfondire questo tema.
Ho avuto la fortuna di ascoltare Matteo Piras, presidente di StarsUp una delle (poche) piattaforme di equity crowdfunding attualmente riconosciute dalla Consob. La sensazione generale è che si stia usando malissimo questo interessante strumento finanziario.
La premessa fondamentale è che c’è ancora troppa poca informazione e troppa troppa burocrazia negli enti che contano, vedi studi commercialisti, vedi camera di commercio. Questo rendere molto complesso l’accesso all’equity crowdfunding, perchè presuppone un’elevata preparazione in termini fiscali da parte dell’imprenditore che voglia mettere aprire il proprio capitale sociale a tanti (piccoli) investitori.
Apprezzo poco il voler mettere a monte una rigida selezione delle aziende che possono parteciparvi;certo, ognuno è libero di fare un pò ciò che vuole a casa propria, però uno strumento dovrebbe essere usato come tale, quindi dando la possibilità a chiunque di potervi accedere.
Apprezzo ancora meno che la legge preveda che il 5% di quello che si raccoglie provenga da soggetti/investitori istituzionali, come banche, fondazioni bancarie ed incubatori. La realtà del tessuto imprenditoriale italiano è fatto di PMI che, spesso, soprattutto se startup (e quindi per definizione aziende nascenti) ritengo sia molto complesso che abbiano conoscenze tali da poter raggiungere questa fantomatica soglia.
E allora, le piattafome di equity crowdfunding come aiutano l’imprenditore? Che tipo di supporto forniscono? Mettono a disposizione la propria rete di contatti un pò come kickstarter?
Tutte domande cui non ho avuto risposta, ma continuerò a cercare 🙂